Te lo do io il Qatar

Chi ha detto che il calcio non può essere inclusivo?
Pubblicato da Sofia il 30/03/2023 in Detective
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Ho sempre desiderato far parte di un gruppo. Chi non lo vorrebbe? Stare con persone come te, che capiscono esattamente cosa provi, perché loro provano lo stesso. Mi piacciono i libri, e quando ne parlo con qualche amico sento di avere trovato il mio posto. Ma a volte non è sufficiente. Le passioni che bruciano dentro di me hanno bisogno di più ossigeno, di più spazio.

Per questo sono andata allo stadio. Dopo la vittoria dell'Europeo avevo deciso di andare a vedere l'Inter. Non mi ero mai considerata una vera tifosa, ma dopo aver guardato la nazionale per tutta l'estate si era acceso qualcosa dentro di me. Era il sesto minuto quando Lautaro ha segnato. È stato in quel momento che l'ho sentito. Il fuoco. Sono saltata in piedi con tutti i tifosi. Abbiamo urlato il suo nome, insieme, nello stesso identico modo.
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In quell'istante non importava essere uomo o donna, gay o etereo, trans o cisgender. Eravamo tutti solo Interisti, con il fuoco nel petto, gridando con una sola voce. Per me il calcio è questo; novanta minuti in cui le differenze si annullano. Se è così sugli spalti, perché non può esserlo anche in campo? Perché non possiamo usare una maglietta per dirci "ti guardo le spalle, siamo una squadra"? Perché non posso mettere un arcobaleno sulla mia maglia, per mostrare che non mi importa niente se sei diverso da me, ma se mi passi la palla e mi aiuti a segnare poi ti abbraccio come se fossimo fratelli?
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Sabato 25 marzo, l'associazione Open ha organizzato a Milano "Te lo do io il Qatar", un torneo dove tutti possono giocare e nessuno è discriminato. Il titolo non è casuale, i mondiali in Qatar ci hanno mostrato che abbiamo molta strada da fare. Il mio sogno è un calcio arcobaleno, dove ogni colore può brillare come merita e spero che un giorno possa diventare la norma, rendendo il calcio libero sia per i tifosi che per i giocatori.
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