Vorrei fare un esperimento e chiedere ad un numero X di atleti professionisti perché gli piace tanto il loro lavoro. Sarei pronta a scommettere che la risposta standard sarebbe sempre, più o meno, questa: "Perché è una carriera che mi permette di vivere facendo quello che amo di più, e in più è bellissimo perché viaggi un sacco per il mondo." Lo sport e il viaggio sembrano avere un legame indissolubile: le gare dall'altra parte del mondo, i grandi eventi che si tengono ogni volta in un Paese diverso, le trasferte per gli allenamenti... Però è sempre più evidente che lo sport ha anche un legame molto forte con un altro aspetto, che sta diventando così ingombrante per tutti da non potere più essere ignorato: l'ambiente.
Innes Fitzgerald ha 16 anni ed è un'atleta inglese che è stata convocata per rappresentare la Gran Bretagna ai mondiali di corsa campestre che si terranno in Australia, dove era già data da molti esperti come la favorita. Lei la responsabilità di rendere il mondo dello sport più sostenibile ce l'ha ben presente e ha rinunciato a partecipare alla competizione perché il viaggio in aereo sarebbe stato troppo inquinante per l'ambiente.
Sempre più atleti della nostra età stanno diventando consapevoli di questi problemi legati a come facciamo sport oggi, ma come possiamo cambiare le cose per rendere il mondo dello sport più sostenibile? Per esempio, come si fa a organizzare dei Mondiali senza dover per forza muovere atleti da tutto il mondo in un unico posto? Ci sono altri modi di farli competere tra di loro senza che siano fisicamente tutti insieme? Ci sono mezzi di trasporto più sostenibili ma ugualmente veloci che possono risolvere il problema dello spostamento? Sono tutte domande, insieme a milioni di altre, che le organizzazioni sportive dovranno farsi prima o poi. Anche perché, se non si trovano delle soluzioni, arriveremo ad un punto in cui di Mondiali, Europei e Olimpiadi, da organizzare non ce ne saranno più.