Domenica 15 gennaio è partita l'Ocean Race, un regata di 60.000 km in barca a vela da Alicante, in Spagna, fino a Genova, dove i team in gara arriveranno tra sei mesi dopo avere attraversato alcune tra le zone più remote del Pianeta. In barca ai confini del mondo, navigando in acque inesplorate, dove anche le navi dei centri di ricerca fanno fatica ad arrivare. L'Ocean Race di quest'anno però passerà alla storia come uno degli eventi più sostenibili di sempre perché raccoglierà più dati sull'ambiente di qualsiasi altro evento sportivo al mondo.
Ogni squadra avrà a bordo delle propria barca alcune apparecchiature super tecnologiche che serviranno a raccogliere dati ambientali molto preziosi, dai livelli di salinità alla percentuale di plastica. I parametri raccolti verranno trasmessi in tempo reale a 8 diverse organizzazioni di ricerca e saranno fondamentali per tenere monitorata la salute delle acque del Pianeta, il cambiamento climatico e le previsioni meteorologiche mondiali. E sarebbe bello se a partire dai prossimi anni, oltre alla classifica ufficiale, ne esistesse anche un'altra, dove non vince chi arriva primo al traguardo ma chi raccoglie durante la regata più tonnellate di plastica, tipo plogging in barca a vela. L'Ocean Race non è solo una gara, ma la regata per l'ambiente ed è la prova più chiara del fatto che non tutto lo sport è sportwashing. Di questi tempi, tra mondaili in Qatar e stadi costruiti nel mezzo del deserto, ne avevamo davvero bisogno.