Di solito siamo abituati a pensare agli sparatutto come giochi che raccontano guerre immaginarie, combattute tra nemici che nella vita vera non esistono. Quando sei davanti al computer, chiuso nella tua cameretta e con le cuffie in testa, sparare diventa la cosa più naturale del mondo. È scontato. Per vincere devi farlo. Poco tempo fa però è uscito un videogioco che sta facendo discutere tutto il mondo. Si chiama Zahhak ed è il nuovo videogame ispirato alle proteste che si stanno svolgendo in questo periodo in Iran.
Il gioco assomiglia molto ai primi "Street fighter" ma l'ambientazione è l'Iran in guerra. Piove, le strade sono deserte, il cielo è grigio, e sulla sfondo si intravede la tomba di Mahsa Amini, la prima vittima delle rivolte: "dopo l'omicidio di Mahsa Amini, le leonesse del villaggio insorgono per vendicare il suo sangue". Questa volta però la guerra è vera. I nemici sono gli alti funzionari iraniani mentre le vere protagoniste sono le donne che combattono senza il tradizionale velo imposto dal regime. La loro mossa fatality si nasconde proprio nei capelli, diventati simbolo della protesta. È a colpi di capelli che le donne devono uccidere Ali Khamenei, la guida suprema dell'Iran.
Zahhak all'uscita è stato molto criticato ma anche se alcuni pensano che sia la cosa più trash dell'anno e che sia una mancanza di rispetto nei confronti di chi combatte ogni giorni per i suoi diritti, è la chiara dimostrazione del fatto che i videogame sono un riflesso della nostra società e stanno diventando strumenti potentissimi, capaci di lanciare messaggi comprensibili ad ogni generazione. Che vi piaccia o no questo videogame è un'opera d'arte.